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IL PASSO AVANTI...

Note di testa, note di cuore e soprattutto note di cultura sono quelle che compongono il pentagramma di “Un altro genere di Leadership”, l’interessante e partecipato evento organizzato da Cinecittà, che il 2 e il 3 febbraio ha riunito Direttrici di istituzioni culturali, scienziate, giornaliste, leader del mondo della moda, del cinema, dell'architettura e della ricerca, professioniste provenienti da tutta Italia, nella storica cornice del complesso monumentale Acquario Romano.


(locandina ufficiale dell'evento)


Ideato e curato da Chiara Sbarigia, Presidente di Cinecittà, organizzato con il Ministero della Cultura, il convegno è stato progettato per dare visibilità, rilevanza e prospettiva alla leadership al femminile.

L’evento che ha visto la partecipazione del Sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura Lucia Borgonzoni, rimarrà impresso nella memoria di chi vi ha preso parte oltre che per il valore delle professioniste coinvolte, per l’autenticità della condivisione e la palpabile volontà, condivisa tra le donne sul palco e quelle in platea, di unire le forze per pensare più a fondo al futuro e alla relazione tra generi e costruire una nuova visione, lontana dagli stereotipi.





SPAZIO, MERITO, CURA, i temi al centro della riflessione, punti chiave individuati dalla co-autrice, studiosa e autrice del libro “Lo spazio delle donne”, Daniela Brogi.


Lo SPAZIO inteso in senso materiale, storico e simbolico. Quali sono gli spazi aperti per le donne e quali quelli ancora preclusi. Come si muovono tra gli spazi del privato, del pubblico e del professionale.


Il MERITO: il convegno si propone di riflettere su come livelli e tipi di difficoltà legati al riconoscimento del merito siano strutturali e ambientali, ma l’obiettivo è anche quello di riflettere su come costruire linguaggio, sentimenti e senso comune sul merito delle donne, valorizzando il lavoro di impresa e consegnando al mondo futuro sentimenti di sé e modelli nuovi.


Infine la CURA, tema centrale di questo convegno accanto a quello della leadership proprio perché spesso questi due concetti, pur essendo due elementi fondamentali del lavoro delle donne, sono anche due condizioni storicamente tenute divise e in due spazi in alternativa, quello privato e quello pubblico. Mentre la cura, intesa come qualità femminile e forma di “attenzione” (alla qualità delle relazioni, degli ambienti di lavoro, o agli affetti, per esempio), e la direzione di progetti professionali, pubblici e istituzionali sono aspetti che vanno coraggiosamente riavvicinati, soprattutto quando si racconta il lavoro progettato e svolto dalle donne; per capire e smascherare gli stereotipi (in tema di disparità di genere), e per abituarsi alla normalità di un mondo pensato diretto e “curato” anche dalle donne.


La parola Alleanza ha risuonato più volte tra le colonne dell’Acquario Romano, amplificando il pensiero che soltanto attraverso la sorellanza, agita con coerenza e convinzione, possa essere possibile mettere in atto il cambiamento e dare concretezza al progresso.


Esiste una lastra di cristallo che come un soffitto sulle teste delle donne non permette loro di accedere a determinate posizioni e/o di essere retribuite per il proprio lavoro in ugual misura rispetto agli uomini a parità di mansioni, e talvolta il soffitto si trasforma in una parete che si frappone tra le donne stesse. Una consapevolezza questa espressa senza tabù durante la public discussion, accompagnata tuttavia dalla confortante convinzione di essere già oltre, proiettate verso una dimensione di azione partecipata e unitaria.


Il pensiero che le donne possano fare gioco di squadra fra loro e che sappiano farlo al meglio, idea alla base di Women Of Change, è un dato acquisito, sebbene sarebbe ipocrita non ammettere la necessità di sdoganare il concetto su più ampia scala, l’obiettivo di breve sarà infatti quello di accelerarne la comprensione e la diffusione, anche fra le più e i più scettici.


A proposito di Alleanza, Maria Pia Ammirati, Direttrice di Rai Fiction, alla domanda “perché le donne non fanno rete?” Risponde:


“Siamo molto differenti tra noi, le donne sono un vero universo di interessi. Siamo galassie fantasiose, utopiche, questo genera problemi nel creare la rete perché cerchiamo alleanza con i nostri simili ma ciò è difficile, fare alleanza significa invece mettere da parte un po’ il proprio ego. Poi forse c’è un altro tema, lavoriamo tanto, la nostra ossessione della perfezione nel lavoro ci costringe a stare sui processi, abbiamo poco tempo per lo scambio, la mancanza di tempo che ci priva della possibilità di conoscerci fra noi…”


Attraverso la testimonianza delle relatrici e il racconto della loro professione e del loro impegno quotidiano, è stata analizzata la condizione della donna in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata, con un approccio fortemente concreto.


Partendo da una visione macro sui grandi numeri della “non -parità” (su 146 Paesi, l’Italia si colloca ancora al 63esimo e in Europa su 35 paesi ricopriamo solo la venticinquesima posizione, secondo il più recente report del World Economic Forum), quasi tutte le relatrici hanno testimoniato di aver vissuto durante la propria carriera, nonostante i brillanti risultati ottenuti sia nello studio che sul lavoro, una qualche forma di discriminazione, e di aver dovuto lavorare il doppio rispetto ai colleghi pari livello per il riconoscimento del proprio merito.


E concentrandosi sulla necessità di un nuovo genere di leadership appare lapalissiano il richiamo al concetto di Umanizzazione, radice di uno schema di comando rinnovato, adeguato alle esigenze del nuovo mondo, una leadership fondata su una visione allargata, partecipativa, collaborativa, orizzontale ed esercitata attraverso una gestione empatica ed etica, la sola via per garantire alle aziende di oggi e domani risultati allineati alle nuove esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori, del mercato e delle famiglie.


Riflettendo sul caso della premier neozelandese Jacinta Ardern che ha lasciato la guida del governo e la vita politica dopo tante battaglie condotte, dopo aver gestito dei passaggi molto difficili per il suo Paese, dalla pandemia al grave attentato terroristico compiuto da un suprematista bianco contro una moschea, nel quale sono rimasti uccisi 51 fedeli musulmani, la premier largamente contestata, criticata per la decisione ed accusata di aver gettato la spugna per incapacità di gestire la propria vita professionale e professionale, è stata invece durante il convegno citata come esempio di donna coerente e fedele al suo mandato, in grado di rinunciare ai benefici e privilegi di una posizione pubblica per il bene superiore del proprio paese.


Concetto rafforzato dall’affermazione di Tinny Andreatta, Vice President Content, Italy, Netflix: “Il percorso per l’emancipazione non è sempre lineare” ed evidenziato dalla giornalista di Sky Tg24, Lavinia Spingardi: “nel gesto della premier ho letto una leadership espressione di un sentimento di potere inteso come servizio, adesso capisco di non essere più efficace come vorrei e quindi lascio, che non vuol dire che sia finita…”



A proposito di Cura degne di nota le riflessioni della Magnifica Rettrice della Sapienza Università di Roma, Antonella Polimeni, per lei “la Cura è responsabilità, il prendersi cura di una comunità, compito che spetta a chi ricopre una posizione di leadership. È l’autorevolezza nel tempo che ci da stabilità” - dichiara.

Prendersi cura delle giovani generazioni vuol dire investire nell’orientamento delle ragazze, a partire dai primi anni scolastici, tema attenzionato da Barbara Stefanelli, Vicedirettore Vicario Corriere della Sera.


La riflessione ci conduce fisiologicamente al tema delle donne specializzate in discipline STEM.


I numeri sulle immatricolazioni e sulle laureate vedono uno sbilanciamento a favore delle ragazze, se si osserva invece il dato che attiene alle iscrizioni in materie STEM i numeri si invertono, anche se nell’ utimo biennio si riscontra un lieve incremento, intorno al +2/3 %


Per l’attrice e dirigente sportiva Cristiana Capotondi la cura come un concetto esteso che va dal prendersi cura di se stesse, inteso come volontà di prendersi cura della famiglia, ma anche del proprio palco sociale. “Mi piacerebbe sganciare la parola cura dal genere” - aggiunge.

Durante la due giorni di confronto sono stati sviscerati diversi nodi sociali la cui risoluzione è la chiave per costruire le basi del Paese del futuro, Eleonora Di Benedetto, avvocato, consigliere della Fondazione Severino, ha attenzionato la condizione delle donne nelle carceri e la necessità di aiutarle a reinserirsi nel tessuto sociale e lavorativo attraverso progettualità concrete.


Giulia Minoli, autrice teatrale, Vicepresidente Crisi come Opportunità, Vicepresidente della Casa Internazionale delle Donne, oltre ad evidenziare la necessità di intervenire con azioni concrete per eliminare la violenza di genere, ha ricordato il prezioso ruolo delle donne volontarie nei centri antiviolenza: “svolgendo il loro lavoro in modo volontario, senza retribuzione, è molto difficile per loro convincere le donne vittime di violenza a costruire un percorso di autonomia contro la violenza basato sull’indipendenza economica.” - ha dichiarato,

“Esiste poi un buco nella trasmissione dei saperi tra le generazioni”, ha aggiunto.




Il dialogo intergenerazionale è stato uno degli elementi chiave dell’evento, accento di originalità che ha permesso al convegno di acquisire ulteriore valore attraverso i tavoli di lavoro allargati, a cui hanno partecipato donne di generazioni differenti per discutere temi e parole delle sessioni precedenti, confrontando età, esperienze e mentalità diverse, per ragionare insieme su possibilità nuove di gestione della leadership, sulla base dei concetti chiave dello spazio, del merito e della cura.


I tavoli, organizzati in collaborazione con Fuori Quota, ValoreD, Reel Architette, Wiftmitalia, Young Women Network, sono stati moderati da:

Lavinia Farnese, Direttrice di Cosmopolitan

Michela Alpi, Curatrice Forum Elle active!

Alessandra Spinelli, Giornalista de Il Messaggero e responsabile inserto “Molto Donna”

Diamara Parodi Delfino, Presidente Q10 media

Nicoletta Polla Mattiott, Direttrice di HTSI e 24Hours - Il Sole 24 Ore

Angela Pedrini, Giornalista, Media Communication specialist



Se la Generazione 1990 - 2000 lamenta la mancanza di una adeguata rappresentanza, dichiara di subire l’ancestralità del patriarcato e reclama un ascolto attivo, la generazione 1980 - 1990 richiede maggiore partecipazione e coinvolgimento, considerando talvolta necessarie le azioni funzionali allo shock e al cambiamento dello status quo, la così detta azione positiva, in inglese affirmative action, o discriminazione positiva, uno strumento politico che mira a promuovere la partecipazione di persone con certe identità etniche, di genere, sessuali e sociali in contesti in cui sono minoritarie e/o sottorappresentate.



Da questo tavolo al quale ho avuto il piacere e l’onore di partecipare è emersa chiara una consapevolezza: “ il merito le donne sanno di averlo, il merito ha dello spazio dove ci sono delle pari occasioni per dimostrarlo”



La giornalista Alessandra Spinelli racconta invece un tavolo emozionale: “è emersa la carne viva: la volontà per le donne di questa generazione di partecipare in modo attivo alla dimensione dello spazio e del tempo, intendendo questa dimensione come uno spazio circolare e temporale, una concessione che le donne stesse fanno a loro stesse, prendendosi una pausa dagli impegni lavorativi e familiari per riflettere...in definitiva il nostro spazio è in nostro tempo".


L’annosa questione della malsana gestione della maternità non poteva mancare nella riflessione, una maternità indotta, condizionata, decisa da altri, cartina di tornasole di una sofferenza delle donne che nasce dalla impossibilità di esprimere il proprio potenziale ed affermarsi, in un mondo fatto da uomini. Si pone dunque la necessità di cambiare le norme e creare uno spazio che possa fare da ponte con le altre generazioni.



La giornalista Nicoletta Polla Mattiot nel sintetizzare le opinioni del tavolo 1960 - 1970 usa l’espressione provocatoria: “siamo malate di troppo ismo - l’80 percento del fare bene va più che bene!”, enfatizzando la necessità per noi donne di superare il concetto di perfezione che spesso diventa il limite che ci autoponiamo in conseguenza delle pressioni esterne acquisite da anni di educazione patriarcale e conformista. Da questo tavolo emerge la riflessione sulla Cura come capacità di generare e creare non solo nella sua accezione tradizionale di maternità, mentre il tempo è inteso sia come il ricavarsi del tempo per fare rete (tempo che spesso è mancato alle donne di questa generazione), ma anche come tempo che non c’è più…da qui la necessità di imporre un’accelerazione al cambiamento.


Senza trascurare la sottolineatura dell’importanza del denaro, emersa in questo tavolo più che in altri come fondamento per agire la libertà e la leadership da parte delle donne.


La parola che abbraccia l’intera riflessione è potere, non come sostantivo ma come verbo, è il potere di poter fare, di poter dire di no, è potenzialità, potere di costruire, potere di agire il cambiamento.


Passando dalle generazioni più giovani alle meno giovani il senso della leadership è stato interpretato con la parola autorevolezza, altra faccia del merito, un’autorevolezza che arriva attraverso l’istruzione e la cultura, sottolinea Diamara Parodi Delfino, ponendo il focus sull’importanza di “fare una battaglia per l’autorevolezza, attraverso un cambiamento drastico della scuola elementare, un percorso che trova nella trasmissione dei saperi e nella storia dei diritti i suoi pilastri…”

“Lo spazio lo abbiamo interpretato come esercitazione del potere, potere anche di dire no, di non accontentarsi, e la cura è la parola di forza che abbiamo rispetto agli uomini, come capacità di maggior empatia ed ascolto, predisposizione alla creazione di una alleanza, di una comunità, ricchezza questa che non va persa” - continua, per poi concludere con una frase che in pieno sintetizza l’esperienza collettiva appena vissuta: “abbiamo fatto un passo avanti rispetto ad ieri…"





















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