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Se il mondo va in guerra


A cura di Anita Falcetta


Ad un anno esatto dall'inizio del conflitto Russo-Ucraino, nuovo dramma collettivo, nuova grande crisi internazionale, la nostra attenzione va all'Europa nel cui cuore si è aperta una profonda ferita.


E mentre il mondo si divide tra invasori ed invasi, tra accusatori ed accusati, tra chi la propaganda - da qualsiasi parte provenga - la fa e chi la subisce, tra chi si pone al di sopra della morale, devota/o com'è alla logica del sempre maggior guadagno, e chi cerca incessantemente di continuare a lavorare per la pace, mentre tutto continua a scorrere, dentro ad ogni singola maceria, ad ogni minuscolo frammento di distruzione, sono marchiate a fuoco le urla degli 8.006 civili morti e dei 13.287 feriti, dei 487 bambini uccisi, dei 954 bambini feriti, numeri forniti dall’Alto commissariato per i diritti umani dell’Onu e con ogni probabilità di molto sottostimati.


Come ogni guerra anche questa ha pesato e continuerà a pesare sui più deboli, i meno abbienti, i più fragili, le donne spesso vittime di violenze e maltrattamenti, i bambini che non scorderanno mai il dolore dell'atrocità, gli studenti che hanno visto le loro vite in fioritura appassire al passare dei mesi. Si inizia a sentire la "pesantezza della Guerra" si legge su molte testate internazionali, una pesantezza moltiplicata dalla coesistenza di svariati conflitti nel mondo degli esseri (in)umani, Afghan, Iran, Russia, Ucraina, come la Terra che trema o che brucia.


Non è questa una lettura pessimistica della realtà, è Essa stessa la realtà.


Possiamo decidere di vederla, di sfiorarla, di analizzarla, di comprenderla, di ignorarla, di minimizzarla o massimizzarla, di allontanarla da noi, occupati come siamo a combattere la nostra personale guerra, quella che ci vede gli uni contro gli altri, nella sempre eterna lotta per l'affermazione del nostro io, delle nostre convinzioni, del nostro status e perfino dei nostri valori, costi quel che costi, l'importante è condire tutto con un pizzico di politicamente corretto, iniziare le frasi con cara, caro, come stai?

Quale che sia la nostra successiva azione.


Le donne come è sempre successo nella storia dell'umanità, nei grandi periodi di guerra, di destabilizzazione, di conflitto, con la polvere mista a lacrime negli occhi, con le braccia strette intorno alle loro figlie e ai loro figli, sono sempre rimaste e non si sono mai poste il problema se fossero in grado lavorare nelle fabbriche al posto dei loro mariti, se fossero in grado di amministrare la propria casa al posto del proprio padre, se fosse giusto rischiare la propria gentile vita per portare a destinazione le parole del manifesto dell'Europa libera ed unita, come fece Ursula Hirschmann durante la seconda guerra mondiale.



Nata a Berlino nel settembre del 1913 da una famiglia ebraica della classe media, nel 1932 Ursula Hirschmann si unì all'organizzazione giovanile del partito socialdemocratico che si opponeva all'avanzata del nazismo. Dopo aver conosciuto e sposato il giovane filosofo e socialista italiano Eugenio Colorni, fu parte attiva del movimento clandestino di opposizione al fascismo nella patria del marito, in Italia.


Quando Colorni fu arrestato e confinato sull'isola di Ventotene, Hirschmann decise di seguirlo. Qui i due conobbero Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, che nel 1941 scrissero il Manifesto di Ventotene "per un'Europa libera e unita", considerato da molti il punto d'inizio del federalismo europeo. Il manifesto ebbe ampia diffusione tra i membri della resistenza italiana contro i nazisti.

Il manifesto invitava a una rottura con il passato dell'Europa per formare un nuovo sistema politico attraverso la ristrutturazione della politica e una profonda riforma sociale. Hirschmann lo portò di nascosto nell'Italia continentale e contribuì alla sua diffusione.



Dopo aver lasciato Ventotene, Hirschmann andò a Milano, dove nel 1943 partecipò alla fondazione del Movimento federalista europeo. Dopo l'omicidio di Colorni da parte dei fascisti, fuggì in Svizzera e prese parte all'organizzazione del primo congresso federalista internazionale, che si tenne a Parigi nel 1945. Il suo impegno politico non si concluse al termine della Seconda guerra mondiale. Nel 1975 fondò a Bruxelles l'associazione Femmes pour l'Europe (Donne per l'Europa).


Le donne negli teatri di guerra non si sono mai poste e mai si porranno il problema di passare all'azione, perché in quelle circostanze sono e sempre saranno, al di sopra delle etichette, in lotta per la conservazione della specie.

Ed in quella situazione nemmeno gli uomini si sono posti e mai si porranno il problema dell'inadeguatezza delle donne in certe "posizioni", eppure cosa c'è di più estremo, di più faticoso, di più provante, di più svilente, di meno gentile e di più volgare della guerra?

Ed allora perché non ricordarsi di quella tempra, di quella uguale capacità di forza fisica, strategica, amministrativa, spirituale, quando le onde dell'Oceano si dileguano e la vita torna a viversi in modo sereno o pseudo tale?!


In questo giorno di profonda pena per l'incapacità dell'Essere umano di uscire dal suo stato di minorità, riflettiamo leggendo ed ascoltando "Se il mondo va in guerra” l’inedito della scrittrice Dale Zaccaria, scritto tre giorni prima che scoppiasse il conflitto bellico in Ucraina.


"Se il mondo va in guerra voglio solo dirti che ti amo,

che l'amore non basta in questa terra di fiori e di roghi,

che dovrebbe esserci la tua bellezza in ogni angolo,

le tue mani salde da metterci il cuore,

la tua intelligenza a volerci ricordare che

se il mondo va in guerra

non c'è più giusto ne sbagliato,

ne bene ne male,

non c'è nessun oggi o domani da raccontare."

- Dale Zaccaria -


“Quasi un presentimento, una premonizione alla Cassandra, sentivo che qualcosa profondamente stava cambiando storicamente ed umanamente, che ciò che in Italia politicamente era minimizzato, stava in realtà per accadere, ovvero una guerra di proporzioni mondiali. Al lettore e alla lettrice che leggeranno la mia poesia lascio lo spazio intimo di acquisire il significato che maggiormente sentono dentro, seguendo la via del cuore e dell'amore che sono l'unico antidoto sensato ed intelligente alla guerra e alla distruzione. – ci dice la scrittrice in collegamento da Madrid dove, il 25 febbraio parlerà al V Forum di Podemos della situazione política, sociale, culturale in Italia.



Il 24 febbraio 2022 cambiano dunque gli equilibri politici e l’Europa viene scossa da una sanguinosa guerra che in 365 giorni ha colpito a più riprese la popolazione civile. Distruzione, morte, fuga dalle città: si attiva la grande macchina dell’accoglienza e più di 170 mila ucraini sono entrati in Italia in questi 12 mesi.


Diversi saranno gli argomenti che verranno trattati oggi a Roma, venerdì 24 febbraio 2023 alle ore 18:30 presso la Sala Mario Quattrucci del Teatro Porta Portese (via Portuense 102), in occasione dell’evento Russia Ucraina: dall’invasione alla narrazione organizzato e promosso da Malacoda, ente culturale e rivista letteraria.


I relatori ruoteranno tutti intorno al tema principale: la narrazione giornalistica della guerra. La guerra Russia Ucraina, infatti, si è tradotta in questi 365 giorni in una vera e propria battaglia nel campo della comunicazione e dell’informazione attraverso l’uso dei social media e di raffinati sistemi di intelligenza artificiale.

Alessio LASTA, giornalista e inviato di Piazzapulita (La7), sarà keynote speaker dell’evento.


Interverranno inoltre: Véronique VIRIGLIO, giornalista AGI, Simone OGGIONNI, storico e saggista, Umberto MACI, giornalista e Presidente We The Italians. A moderare l’incontro sarà il giornalista e fondatore di Velocitamedia.it, Domenico BONAVENTURA.


L’introduzione al tema dell’incontro è stata affidata a Zaira BELFIORE, comunicatrice pubblica e membro del direttivo Malacoda e a chiudere la serata, al termine del dibattito, sarà il Presidente di Malacoda, l’Avv. Alberto IMPRODA.

L’ingresso è gratuito fino ad esaurimento posti.





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