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Verso l'8 marzo, parità salariale e accesso alle carriere.


Con la nostra Associazione, Women Of Change Italia, in occasione dell’Equal Pay Day, lo scorso 10 novembre 2021, giornata istituita dall’Unione Europea per sottolineare la disparità salariale che ancora persiste fra uomini e donne, insieme all'agenzia creativa Hi! Comunicazione, abbiamo lanciato la campagna Stop Robbing Women #stoprobbingwomen Paying women less then men, means robbing them everyday (pagare le donne meno degli uomini significa derubarle ogni giorno).


La Campagna ha per noi un valore simbolico importantissimo e la riproponiamo alle porte dell'8 marzo, ritenendo necessario ancora oggi lavorare per raggiungere l'uguaglianza sostanziale, intesa sia come equa retribuzione tra uomini e donne a parità di mansioni, che come possibilità per le donne di accedere a tutte le posizioni all'interno delle aziende, anche quelle maggiormente retribuite.


#stoprobbingwomen è un’iniziativa ricercata e provocatoria che affronta la tematica del Gender Pay Gap attraverso gli occhi di chi vive all’interno di un contesto lavorativo non equo e imparziale, che ha suscitato l'interesse di importanti testate come Il Messaggero, Libero, Il tempo, Elle, (vedi la sessione Rassegna Stampa).


La narrazione introduce un elemento di rottura, va oltre il politicamente corretto, e per raccontare ciò che realmente avviene nelle aziende e sui luoghi di lavoro, non solo gli uomini in abiti formali rappresentano il sistema discriminatorio e di matrice patriarcale, ma anche alcune donne, nemiche delle donne, le così dette uome.


Se da un lato è lapalissiano riconoscere le responsabilità di una mentalità di matrice patriarcale, a volte inconsapevole, dall’altro diventa necessario considerare anche il ruolo di noi donne, pertanto si rivela doveroso e lecito denunciare coloro che, nella scarsità delle posizioni disponibili, pur di accedere alla stanza dei bottoni, scelgono di diventare in qualche modo complici di chi vuole resistere al cambiamento.


Malgrado il Gender Pay Gap si sia ridotto negli ultimi anni, le stime di Eurostat indicano che in Italia la componente discriminatoria è pari al 12 per cento e, in base al Gender Global Report pubblicato a marzo 2021, il nostro Paese occupa il 63° posto su 156 della classifica globale.


Per sensibilizzare ulteriormente le istituzioni, gli enti, le aziende e la popolazione su questo delicato argomento, la narrazione della campagna #stoprobbingwomen, lanciata su ogni canale online e offline, invita tutti coloro che possono svolgere un ruolo decisivo, le istituzioni, le associazioni e i privati cittadini, uomini e donne, a mettere in campo azioni concrete, dal vertice alla base e viceversa.


Diversi passi sono stati compiuti verso il superamento del Gender Pay Gap anche su scala nazionale, ma abbiamo ancora tanto lavoro da fare. Una campagna come questa serve a tenere alto il livello di attenzione sul tema, a provocare la discussione partendo da una lettura lucida della realtà, a tratti amara. L’obiettivo di Women Of Change Italia è quello di farsi motore del cambiamento, il fine ultimo è quello di trovare soluzioni attraverso il gioco di squadra, tra le donne e con gli uomini, fermamente convinti che solo attraverso il dialogo costruttivo tra tutti gli stakeholders coinvolti si possano davvero scioglierne i nodi. La Campagna è un punto di partenza per la necessaria e imprescindibile analisi delle cause del Gender Pay Gap. Solo lavorando sulle cause e attraverso tavoli di discussione aperti tra istituzioni, imprese e società civile sarà possibile cambiare paradigmi ormai consolidati.

Marco Panareo e Paolo Pollo, direttori creativi esecutivi di Hi!Comunicazione oltre che autori della campagna, aggiungono: “Sull’iniquità del trattamento salariale fra uomini e donne avevamo già lavorato in passato. Ora ‘torniamo alla carica’ con più forza, grazie ad un racconto al tempo stesso semplice, aggressivo ed elegante. A questo proposito vogliamo ringraziare il maestro regista Federico Brugia che ha condiviso la nostra idea, valorizzandola al meglio, la casa di produzione Diaviva, che ha prodotto interamente lo spot, il compositore Philip Abussi e la casa di produzione musicale Mokamusic, che hanno sposato da subito il progetto”.


Federico Brugia aggiunge: “È stato un onore, oltre che un autentico piacere professionale, essere stato coinvolto in questo progetto. Si tratta di una tematica molto delicata, che abbiamo voluto affrontare con un taglio estetico diverso rispetto ad altre iniziative analoghe.”

Emilio Haimann, presidente e fondatore di Hi! Comunicazione, precisa: “Quando le persone maturano e non sto parlando di studio, esperienza o età, ma di maturazione intellettuale, realizzano che l’uguaglianza è semplicemente una naturale normalità.

Considero questa giornata e questa campagna un esercizio di riflessione intellettuale per aiutare le persone immature a svilupparsi."



Analisi dello scenario


In riferimento all' Obiettivo n. 5 dell’Agenda 2030: “Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e le ragazze”, centrale anche all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Rapporto ASviS (Alleanza Italiana per lo sviluppo sostenibile) sulla Parità di Genere, evidenzia che il 2021 è stato l’anno in cui lo storico ritardo italiano in tema di empowerment femminile ha mostrato situazioni di particolare criticità.


"La pandemia ha aggravato i gap strutturali del nostro Paese, in particolare per quanto riguarda la situazione delle donne, penalizzate più degli uomini in termini di perdita di posti di lavoro e gravate maggiormente dai carichi di cura, a causa della chiusura delle scuole e da un utilizzo non regolato dello smartworking. Sono aumentati, inoltre, gli episodi di violenza tra le mura domestiche.”


Spesso la violenza di genere è legata a doppia mandata alla mancanza di indipendenza economica delle donne, che si traduce in ambito professionale nel così detto Gender Pay Gap e, nonostante il clima pregno di speranza per il passaggio dalla She-cession alla She Covery, dal blocco pandemico alla rimonta post pandemica al femminile, la disparità salariale è ancora oggi un fenomeno presente nel nostro Paese.




Cos'è il divario salariale?


La discriminazione salariale di genere consiste nel Gender Pay Gap che residua in seguito all’eliminazione, dai dati, della componente che deriva dalle diverse caratteristiche di donne e uomini. In Italia, secondo l’Eurostat, la discriminazione salariale del Gender Pay Gap ammonterebbe al 12%. quelle senza figli.

Il divario purtroppo è un fenomeno stratificato, che c’è sempre stato, anche se in passato forse i riflettori erano meno puntati sul tema, almeno nel nostro Paese.


Secondo il Global Gender Gap Report 2021 (INSIGHT REPORT MARCH 2021), indagine condotta su 4 diversi ambiti: partecipazione e opportunità economiche, istruzione, salute e leadership politica in 156 paesi diversi, l’Italia si posiziona al 63esimo posto salendo di 13 posizioni rispetto al 2020 e mostrando un leggero miglioramento.


I dati elaborati dall’Unione Europea riconoscono che il divario salariale donne/uomini ammonterebbe, in Italia, al 5%, mentre quello medio dei Paesi appartenenti all’Unione Europea sarebbe del 15%.


Tali dati, tuttavia, si rivelano parziali, in quanto riferiti esclusivamente alla differenza tra i salari orari medi espressi in percentuale del salario medio maschile.


Esaminando, invece, la retribuzione annua (in luogo di quella oraria), il divario aumenta, in quanto le donne lavorano per un numero di ore inferiore rispetto a quello degli uomini.


Occorre, inoltre, tenere conto del fatto che il tasso di occupazione femminile è più basso rispetto a quello maschile. In Italia, il divario di genere, nei tassi di occupazione, è di circa 18 punti (la media europea, invece, è di circa 10 punti).


Al fine di ottenere dati il più possibile puntuali sull’argomento, l’Eurostat ha ideato il c.d. gender overall earnings gap. Si tratta di un indicatore che tiene conto di tre fattori specifici sul reddito mensile medio di uomini e donne in età lavorativa. Tali fattori sono costituiti dai guadagni orari, dalle ore retribuite e dal tasso di occupazione. In Italia, il valore di tale indicatore ammonta al 44% (a fronte del 40% nell’Unione Europea). In proposito, appare utile effettuare un’ulteriore precisazione, concernente la differenza tra Gender Pay Gap e discriminazione salariale di genere.

Quest’ultima consiste nella disparità di trattamento, a parità di ogni altra condizione; Gender Pay Gap invece, è dato dal confronto tra due gruppi di individui differenti in ordine a molteplici aspetti.



Quali sono le sue cause?


Il Gender Pay Gap può essere dovuto a vari fattori che rimandano al lavoro di cura della famiglia e dei figli, tradizionalmente considerato in capo alle donne, che comportano interruzioni o riduzioni dell'orario di lavoro (uomini e donne che lavorano in part-time: 7,9% contro 31,8%) o salari più contenuti, e che alimentano le così dette scelte discriminanti, i gender bias, generati da stereotipi, letture alterate della realtà, che si verificano in quanto non sono state considerate in modo opportuno le differenze di genere. A ciò si aggiunga la questione dei servizi (welfare). Nel 2019, secondo dati Istat, i posti disponibili negli asili nido coprivano solo il 25,5% del totale dei bambini sotto i tre anni in Italia. Dati che lasciano spazio al dubbio che la più bassa occupazione femminile possa essere ancora oggi legata alla scelta se lavorare o occuparsi della famiglia (fenomeno reso evidente dalla Pandemia).



Oltre ad evidenziare il possibile collegamento tra la violenza di genere e il Gender Pay Gap, ci preme sottolineare la stretta connessione tra la disparità di inquadramento salariale e l'impossibilità per le donne di accedere a certi livelli di carriera.


Per le Donne, sebbene molti passi avanti siano stati compiuti, sembra ancora una sorprendente conquista entrare a pieno e meritevole titolo nella stanza dei bottoni. Ci vengono affidati importanti ruoli di rappresentanza, ma a ben vedere, all'interno delle aziende poche sono ancora le posizioni di comando a noi riservate.


Accedere a tali posizioni, rompere il soffitto di cristallo (glass ceiling), vuol dire poter incrementare il proprio stipendio oltre che avere la possibilità di mettere a frutto i propri talenti.


Nelle aziende e in generale nelle organizzazioni virtuose, il Gender Pay Gap non esiste a parità di posizioni ricoperte, esiste ancora invece ove, pur essendo formalmente bassa la percentuale del Gap, le donne non sono ammesse a certi livelli di carriera.


Il problema, come sempre, è da ricercare nelle radici.


In quali settori professionali il Gender Pay Gap è più evidente?


Nel 2018, la consigliera per il programma di sviluppo delle Nazioni Unite Anuradha Seth aveva definito la disuguaglianza retributiva tra uomini e donne «il più grande furto della storia». «Non esiste un solo Paese, né un solo settore in cui le donne abbiano gli stessi stipendi degli uomini», aveva detto.


Purtroppo diversi studi e anche l’indagine condotta in questi anni dall’ufficio studi e ricerche di Women Of Change Italia, attraverso una serie di interviste one2one con professioniste attive in diverse industry, confermano il dato che il Gender Pay Gap è un fenomeno diffuso, proprio perché, è figlio di una prassi, oltre che di una cultura, che tende ancora oggi ad assegnare agli uomini le posizioni di top management, che tende a considerare le donne non adeguate a ricoprire professioni STEM, che considera la maternità come un minus e blocca le possibilità per le donne di avanzamento di carriera.


Sebbene il Gender Pay Gap sia un fenomeno diffuso in tutti i settori dell’economia, è possibile tuttavia operare una segmentazione per aree di attività, in settori quali le Assicurazioni, il Bancario, la Finanza, tradizionalmente maschili, il gap è maggiore (Jobpricing: Gender Gap Report, 2018)


Succede solo in Italia?


Assolutamente no, il problema è diffuso.

Ci sono paesi virtuosi?


Certamente, in vetta alla classifica del Global Gender Report 2021, si posizionano l’Islanda, la Finlandia, la Norvegia e la Nuova Zelanda.


Cosa comporta come ricaduta psicologica sulla lavoratrice, sapere di essere pagata meno?


Considerando ciò che emerge dal confronto costante con le donne che fanno parte di Women Of Change Italia, questo fenomeno genera frustrazione, rabbia, insoddisfazione e purtroppo talvolta rassegnazione. Alimenta la la lotta, la contrapposizione uomo – donna che per noi non è una logica vincente, perché improduttiva sotto tutti i punti di vista.


Come ci si difende?


Ci si difende con le azioni concrete, positivo il segnale arrivato con la Legge sulla Parità Salariale del 26 Ottobre, positivo il Patto Zero Gender Gap firmato da 30 Ceo di grandi aziende italiane ed internazionali, proposto dal Forum delle donne del G20 ai leader per colmare il divario fra sessi.


Le migliori armi per difendersi, a nostro avviso sono la cultura, il sostegno donna-donna, l’informazione, politiche e prassi di trasparenza. Imprescindibile inoltre il dialogo fattivo tra Istituzioni, Imprese, Terzo Settore e Cittadini.


Per fortuna il cambiamento è in atto ed è inarrestabile, come dimostra l’esperienza di Women Of Change Italia e di altri movimenti e organizzazioni. Le donne stanno cominciando a comprendere il valore del gioco di squadra sia tra loro che con gli uomini, siamo sempre di più, i risultati cominciano ad arrivare.














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